Lavorare con il sole, la luce e il vento

La priorità del progetto per Elisabetta Trezzani è da sempre la salvaguardia dell’ambiente. Nel corso degli anni, progettando con lo studio Renzo Piano Building Workshop, ha indagato il tema della sostenibilità cercando continuamente nuove soluzioni a seconda della tipologia di edificio e, naturalmente, del suo contesto
Di Alessandra Coppa

(Aprile 2024)Individuare il modo più appropriato di progettare, indipendentemente dalla funzione dell’edificio e quindi poi costruire, con l’obiettivo di raggiungere un risultato che rispetti e protegga il luogo e l’ambiente in cui ci si inserisce è di centrale importanza nei progetti di cui si è occupata per RPBW. Come applicate concretamente questi obiettivi nei vostri progetti?

Negli ultimi anni ho lavorato a progetti di varia natura, residenziali e non, a New York, San Francisco e Lisbona, solo per citarne alcuni. La nostra metodologia progettuale prevede un processo di design integrato con molteplici discipline. Nel progetto di San Francisco, che include delle residenze ed un hotel, abbiamo per esempio studiato un sistema di facciata che includesse dei ‘solar tubes’ per poter produrre acqua calda con l’energia solare. Per farlo, abbiamo lavorato con un team di ingegneri e di produttori di facciate, creando dei prototipi per testare delle soluzioni che rispondessero il più possibile alle nostre esigenze e a quelle dell’edificio. A Lisbona, invece, stiamo costruendo delle residenze in un’area vicino al fiume Tago. È un progetto che ha avuto una lunga storia, e che finalmente si sta realizzando. È stato interessante vedere come i temi per noi importanti nella progettazione di edifici di questo genere, la relazione tra interno ed esterno, quella con la città e il quartiere, la creazione di cortili interni come spazi semi privati, la connessione con la natura del luogo, siano anche quelli più attuali nella situazione che stiamo vivendo. Migliorare la qualità dell’aria, garantire una ventilazione naturale, concentrarsi sul “thermal comfort”, sono tutti temi che abbiamo sviluppato e continuiamo a sviluppare”.

 

Complesso residenziale Prata, Lisbona, Portogallo. 1999-in progress (© RPBW)

 

Quali saranno le nuove tecnologie green che applicheremo nelle architetture del futuro?

“Non credo che ci sia nulla di nuovo da dover inventare riguardo alle nuove tipologie e il modo di abitare nel futuro, o piuttosto, è necessario concentrarsi per migliorare, e soprattutto per applicare, quello che già conosciamo. Per quanto riguarda il modo di abitare del futuro, sono convinta che sia necessario portare avanti l’idea che la casa sia un luogo protetto, così come lo spazio esterno che la circonda. È proprio per l’importanza che riponiamo negli spazi ‘abitabili’ esterni, terrazzi, cortili e winter gardens, che abbiamo deciso di applicarli tutti, con dei diversi livelli di privacy, nel nostro progetto a Lisbona. I winter gardens e le terrazze sono degli spazi privati che permettono di vivere la casa in stretta relazione con l’esterno. A questi, si aggiunge uno spazio-giardino sopraelevato dal livello strada e accessibile dai vari appartamenti: un luogo protetto ma condivisibile dalla comunità del singolo edificio. E infine, un parco pubblico a disposizione di tutti. Un impegno importante riguardo alla progettazione degli edifici del futuro sarebbe quello di porsi come obiettivo il progettare edifici ‘carbon neutral’ e successivamente raggiungere ‘carbon zero’, tenendo conto, di volta in volta, della funzione e del luogo in cui si opera. Certamente non esiste un’unica soluzione, ma l’impegno è quello di una progettazione integrata che aiuterebbe a rendere gli edifici in cui vivremo più resilienti ai vari climi, al tempo e ai costi di manutenzione”.

 

Complesso residenziale Prata, Lisbona, Portogallo. Sezione della facciata (© RPBW)

 

Un’altra sfida sarà anche quella di ristrutturare in modo sostenibile, migliorando le prestazioni energetiche di edifici già costruiti. Quali sono le soluzioni che avete adottato per il restyling di Monterosa 91, ex sede del Il Sole 24 Ore?

“Il progetto di Monterosa91 nasce nella vecchia sede de Il Sole 24 Ore, realizzato nel 2000 e a sua volta costruito su una precedente struttura di un complesso industriale.
Dopo circa 15 anni, l’edificio necessitava di un ripensamento progettuale. La necessità del nuovo cliente AXA era quella di avere un edificio con più tenants e di creare degli spazi condivisi tra chi lavorerà negli edifici e la comunità del quartiere e di tutta la città.
Un tema quindi molto attuale, quello di riconvertire edifici esistenti per aprirli alla fruizione del pubblico. Uno dei primi obiettivi di questo intervento è stata la valorizzazione dell’idea di spazio collettivo aperto alla strada e al contesto: si voleva valorizzare la scelta originale distributiva del paesaggio interno e quella esterna della trasparenza sulla strada.
Urbanità come conseguenza della scelta di trasparenza, una presenza leggera che ripropone la complessità di vedute che si sovrappongono. L’edificio con tipologia a U, caratterizzato orizzontalmente da un asse prospettico, ospita più entità lavorative, mantenendo e aggiungendo all’edificio originario un’alta flessibilità, sia negli spazi di lavoro sia in quelli comuni”.

 

Via Monterosa 91, Milano. 2019-2023 (ph. Enrico Cano)

 

Potenziare la permeabilità è dunque uno dei caratteri principali di questo progetto di ristrutturazione?

 “La trasparenza dell’edificio aiuta in maniera sostanziale a mantenere una visione d’insieme, da via Monterosa si percepisce che non esiste un solo piano di percezione, ma una profondità di campo che ti permette di vedere, oltre le grandi pareti vetrate, una piazza interna e una collina verde. Abbiamo lavorato sulla piazza interna al fine di renderla più animata e più fruibile da tutti, con l’intenzione di creare eventi al di fuori degli orari di lavoro. Abbiamo anche lavorato molto sull’idea di verde, sia nella piazza sia nel nuovo intervento nella collina. Ci saranno un ristorante, un asilo nido e una palestra.
Abbiamo fatto moltissimo anche per adeguare l’edificio alle nuove sfide di risparmio energetico. Dalla sua inaugurazione, lo scorso giugno 2023, l’edificio sta vivendo una rinascita, e quest’anno si prevede di aprire la collina che si chiamerà Parco della Luce”.

 

Via Monterosa 91, Milano. 2019-2023 (ph. Enrico Cano)

 

Qual è l’ultimo progetto sul quale sta lavorando?

 Il progetto su cui ho lavorato negli ultimi due anni è il nuovo Campus del Politecnico di Milano Campus Bovisa nell’area della Goccia. Lo sviluppo dell’area è cominciato con la rifunzionalizzazione dei due grandi gasometri che costituiscono il landmark della Goccia.
Nel gasometro 1 troverà spazio lo Smart City Innovation, nel gasometro 2 la Fabbrica dello Sport, con palestre, piscina e campi da gioco. Attorno ai due gasometri, immerso nel verde, nascerà quindi il Campus Nord, progettato dal Renzo Piano Building Workshop. Il Campus Nord sarà un laboratorio della conoscenza e dell’innovazione: fondato sull’università e sui servizi ad essa collegati, sarà aperto al mondo delle imprese e più in generale alla città. L’impianto del masterplan è basato su un sistema di tracciati ortogonali organizzati attorno all’asse pedonale principale, posto a nord dei gasometri. L’accessibilità veicolare è minimizzata e resa periferica; le previsioni di sosta sono intenzionalmente limitate in modo da incentivare al massimo l’utilizzo delle molteplici linee di trasporto pubblico che servono, e serviranno in futuro l’area. In prossimità del campus, seguendo una visione comune, il Comune di Milano ha previsto la realizzazione del nuovo polo delle Scuole Civiche, oltre alla riqualificazione del grande bosco urbano della Goccia”.

 

Politecnico di Milano, Campus Nord (©RPBW)

 

Come è stata pensata la disposizione e funzione degli edifici?

“Gli edifici sono disegnati secondo uno schema flessibile ed unitario che prevede edifici rettangolari affacciati sul parco e su vie alberate. Questi blocchi, simili in pianta, hanno diverse caratteristiche ed organizzazione volumetrica a seconda delle funzioni che ospitano. Nel campus ci sono tre funzioni prevalenti: aule per la didattica, incubatori di start-up e residenze universitarie per 500 studenti. A questi si aggiungono una grande sala conferenze ipogea con una capienza di 450 persone ed una grande food factory, ricavata all’interno di un edificio storico delle Officine del gas. Gli edifici per start-up offriranno servizi di incubazione e accelerazione in un ambiente aperto ed inclusivo e favoriranno le relazioni tra giovani laureati con aziende, esperti, istituzioni ed investitori. In questi edifici vi sarà condivisione di risorse e di competenze, con l’obiettivo di accelerare il progresso tecnologico e creare benefici economici e strategici. A livello della strada tutti gli edifici del Campus Nord sono “aperti” e permeabili. Qui avviene il miracolo dell’urbanità, dell’incontrarsi, dello stare assieme. Le masse degli edifici galleggiano sopra il piano terreno; al loro interno vi sono tre livelli funzionali, quattro per le residenze, in cui si fa largo uso di ambienti a pianta aperta destinati alle attività comuni”.

 

Quali strategie “sostenibili” avete adottato?

“Gli shed, che in passato erano usati per schermare la luce negli ambienti industriali, diventano oggi supporto dei pannelli solari che trasformano la luce in energia. Questi ‘petali’ solari sono accostati a formare un unico grande tetto che, galleggiando sopra al terreno ad un’altezza di circa 16 metri, darà unitarietà al progetto e fornirà tutta l’energia necessaria per il suo funzionamento. Nel progetto del Campus verrà utilizzata l’energia del sole, della terra e dell’aria. È infatti previsto l’impiego di vaste coperture fotovoltaiche per produrre energia, lo scambio efficiente di calore con il suolo attraverso il geotermico, ed infine una centrale di quartiere che include un elettrolizzatore che immagazzinerà nell’idrogeno l’energia in eccesso prodotta durante i mesi estivi. Questo campus sarà Zero energy, ovvero indipendente dal punto di vista energetico, e Zero Carbon, quindi non avrà emissioni di CO2 in atmosfera durante il suo funzionamento.
Tutti gli edifici del campus saranno realizzati con strutture prevalentemente in legno.
Il legno è un materiale naturale, leggero, riciclabile e soprattutto rinnovabile. E gli alberi che saranno piantati nel campus restituiranno entro trent’anni la massa lignea usata per la costruzione degli edifici”.

 

Nel progetto residenziale che avete realizzato a Lisbona la ceramica ha avuto un ruolo significativo: secondo lei quali sono le potenzialità tecniche ed espressive di questo materiale?

“La mia esperienza con la ceramica utilizzata sulla facciata del progetto residenziale a Lisbona mi ha dato la possibilità di conoscere le numerose potenzialità e vantaggi di questo materiale. Innanzitutto, perché è un materiale resistente agli agenti atmosferici, agli urti, alla corrosione. Queste proprietà la rendono adatta sia per interni che per esterni, garantendo una lunga durata nel tempo con minima manutenzione.
Inoltre, la ceramica può contribuire a migliorare le prestazioni termiche e acustiche degli edifici grazie alla sua capacità di isolamento, ed è facilmente installabile su una varietà di superfici, perché facilmente modellabile per adattarsi a diverse forme e configurazioni architettoniche. La ceramica è poi spesso realizzata con materiali naturali e riciclabili, rendendola una scelta ecologica per progetti architettonici orientati alla sostenibilità.
E infine è un materiale versatile, disponibile in una vasta gamma di colori, finiture, dimensioni e forme, che consentono di realizzare una varietà di design creativi e personalizzati. La ceramica, insomma, offre una combinazione di resistenza, durabilità, sostenibilità e flessibilità. Nel nostro progetto a Lisbona utilizzata sulle facciate degli edifici ha la capacità di giocare con la luce creando delle variazioni di colore a seconda delle condizioni metereologiche, e l’edificio prende vita”.

 

BIOGRAFIA
Cer Magazine Italia 69 | 04.2024
BIOGRAFIA

Nata nel 1968, Elisabetta Trezzani si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1994. Collabora con lo studio di Mario Cucinella a Parigi per due anni e dal 1998 si sposta a Genova nello studio RPBW. Lavora al design di una torre per uffici a Sydney, “Aurora Place Building” e, successivamente, all’ampliamento dell’High Museum of Art ad Atlanta, dove guida l’ufficio sul sito fino al termine del progetto nel 2005. Nello stesso anno diventa Associate. Diventa partner nel 2011 poi Membro del Board RPBW nel 2014.
Insieme a Mark Carroll, guida i team del nuovo Whitney Museum of American Art a New York e dell’Harvard Art Museum a Cambridge e, successivamente, segue la realizzazione di una torre residenziale a New York, 565 Broome Street, terminata nel 2019.
Tra il 2020 e il 2022 si è occupata del progetto del complesso residenziale Prata a Lisbona e di una torre per un hotel Langham a San Francisco. Inoltre, ha seguito la ristrutturazione del complesso Monterosa91 a Milano e ha lavorato alle mostre di RPBW a Roma, Atlanta, Milano e New York. Attualmente è alla guida del Nuovo Campus della Scuola di Ingegneria del Politecnico di Milano.