Tra primordiale e moderno
(Novembre 2025) | UNICA Architects è uno studio con sede a Dubai e Bologna che esplora l’abitare come esperienza sensibile, personale, trasformativa. Nato nel 2017, opera tra architettura, interior design e una curatela emotiva degli spazi, intrecciando materia, tempo e paesaggio in progetti che parlano alla parte più intima di chi li vive. Ogni casa è concepita come una narrazione fondata sull’esperienza del vivere, ogni spazio un rifugio, ogni dettaglio un gesto consapevole.
Riccardo Robustini, founder, Dubai Office Director, è convinto che l’architettura abbia il compito “di trovare un equilibrio tra il primordiale ed il moderno, una delicata danza tra i nostri istinti iniziali – dove le case sono sia rifugi che caverne – e le esigenze della società moderna. Questo approccio si rispecchia nei progetti di UNICA che giocano armoniosamente con elementi opposti, per sviluppare un’architettura che permetta di sperimentarci come esseri completi, incarnati e spirituali”.

Villa Orizzonte, Ferrara.
Quando è stato fondato il vostro studio multidisciplinare con sedi a Bologna e Dubai? Qual è la vostra filosofia progettuale?
UNICA nasce nel 2017 e, fin dagli esordi, le nostre attività si sono sviluppate tra l’Italia e il Middle East, due poli apparentemente distanti, ma accomunati da una profonda stratificazione culturale e un legame ancestrale con la materia, la luce e lo spazio. Nel corso di questi anni ci siamo sempre più specializzati nel settore residenziale di alta gamma, e oggi stiamo sempre più rafforzando il nostro portfolio con una decina di cantieri attivi, la cui conclusione è prevista tra il 2025 e il 2027. La nostra filosofia ruota attorno all’idea dello spazio come riflesso interiore. Architettura non come semplice forma, ma come esperienza emotiva e sensoriale, come strumento di connessione profonda con se stessi e con il ritmo naturale del mondo. Abitare, per noi, significa proteggere, accogliere, rallentare. Per questo, privilegiamo il dialogo con il contesto, con la luce, con ciò che riconnette l’essere umano alla sua dimensione più intima. Cerchiamo di costruire ogni progetto con questo approccio quasi olistico, considerando i ritmi e le abitudini di chi abiterà lo spazio e di chi lo percepirà come molto più che architettura, ma come rifugio e ritorno a sé stesso.
Molti dei vostri progetti sono residenziali, ville a Dubai e in Italia: l’attenzione al luogo e il rimando ai luoghi come incide sulle scelte progettuali? Villa Orizzonte a Ferrara, per esempio, si allunga nella campagna.
Negli ultimi anni ci siamo sempre più dedicati al progetto dell’abitare, e oggi il settore residenziale rappresenta la parte più viva e profonda del nostro lavoro. È un ambito che richiede intimità, ascolto, comprensione, e dove ogni gesto progettuale è prima di tutto un atto di cura. Per UNICA, abitare non è mai solo una questione di spazi o funzioni: è un dialogo sottile tra il visibile e l’invisibile, tra il paesaggio esterno e quello interiore di chi vivrà la casa. Nel tempo, abbiamo costruito un’identità progettuale che privilegia le emozioni, le relazioni umane, i desideri più che le forme predefinite. La forma, semmai, è una conseguenza. “From within outwards” è un principio che guida ogni nostro progetto: non progettiamo mai sopra, ma da dentro. Ogni casa è un mondo a sé, nato dall’intreccio tra il luogo fisico e l’universo intimo del suo abitante. In questo processo, il contesto non è mai solo uno sfondo: è un co-autore silenzioso ma potente. I paesaggi plasmano geometrie, suggeriscono orientamenti, ispirano materiali e modulano la luce. Ma non sempre chiedono di essere celebrati: talvolta vanno ascoltati in silenzio, nascosti o persino negati, per proteggere lo spazio dell’intimità e dell’interiorità. Villa Orizzonte è stata uno dei primi progetti a incarnare questa visione. La sua geometria lineare non nasce da un virtuosismo formale, ma da un gesto di ascolto: seguire il percorso del fiume che lambisce il confine del terreno, assecondare la sua direzione, accoglierne il ritmo. Tutto il progetto si sviluppa come una risposta a questa presenza, e si completa attraverso il dialogo profondo con il committente, che ci ha permesso di immaginare non una casa “unica” per l’architettura che esprime, ma per ciò che custodisce: un modo personale e irripetibile di abitare il mondo.
In ogni progetto, il nostro compito è tradurre in architettura questo equilibrio fragile tra il dentro e il fuori, tra desiderio e misura, tra apertura e protezione. E costruire, passo dopo passo, un habitat che non impressioni, ma accompagni. Che non celebri sé stesso, ma la vita che lo attraversa.

Casa ALQ, Jumeirah Bay, Dubai, UAE.
Come traducete nelle vostre realizzazioni la complessità del rapporto tra naturale e artificiale? Avete recentemente iniziato a lavorare sul Collectible Design; come si traduce negli oggetti il vostro approccio al progetto?
Il rapporto tra naturale e artificiale è per noi una tensione costante, non una dicotomia da risolvere. Lo consideriamo un terreno di confronto fertile, in cui l’intelligenza costruttiva dell’uomo non si oppone alla natura, ma può diventarne un’estensione rispettosa. Progettare significa entrare in relazione con ciò che è vivo, con un luogo, con la materia, con chi lo abiterà, e trovare una forma che non imponga, ma riveli.
Nei nostri progetti residenziali, questo si traduce in un ascolto costante delle esigenze umane e del contesto. Nel design di oggetti, questa ricerca si fa ancora più radicale e intima. Ogni pezzo diventa occasione per esprimersi senza limiti, per scolpire una presenza, una soglia tra gesto umano e memoria geologica. Questo approccio ci ha condotto, in modo naturale, all’apertura di Creations, il nostro dipartimento di collectible design. La nostra prima collezione si chiama Native, ed è nata con l’installazione Inhuman alla Milano Design Week 2025. Non è semplicemente un insieme di forme disegnate, ma il tentativo di tradurre in materia un processo di ascolto. Quando ci siamo fermati a riflettere sul fatto che i materiali con cui lavoriamo derivano da una sedimentazione lunga centinaia di milioni di anni, ci è sembrato inevitabile porci una domanda fondamentale: chi è l’uomo per imporre una forma a una materia che porta con sé un tale peso storico? La materia viene prima. Prima dell’idea, prima dell’ego. Non imponiamo una forma, ma la cerchiamo dentro di essa. Osserviamo venature, fratture, volumi, ombre. Cerchiamo di capire e di ascoltare. Quando troviamo il blocco che parla, lo lasciamo condurre. Ogni oggetto è unico, non solo nella forma, ma nel processo stesso che lo ha generato. Ogni oggetto è un progetto a sé, nato da un tempo lento, da una relazione, da un’intuizione.
I vostri progetti di hospitality e residenziali sono estremamente misurati ed eleganti. Il concetto di nuovo lusso sobrio italiano sta cambiando anche negli Emirati Arabi?
Il concetto di lusso sta attraversando una trasformazione profonda. Oggi, sia in Europa che nel Middle East, il vero lusso non risiede più nell’aggiunta, ma nella sottrazione. È legato all’esperienza, alla chiarezza, alla possibilità di ritrovare sé stessi in spazi che sanno accogliere senza sovrastare. Questo cambiamento è evidente nel mondo dell’hospitality, dove il valore si misura sempre più in termini di qualità percettiva, silenzio, autenticità. Ma oggi anche l’ambito residenziale sta seguendo questa direzione: i nostri clienti non cercano più ostentazione, ma risonanza emotiva. Vogliono abitare luoghi che parlino ai loro sensi, che li rappresentino senza bisogno di esibirsi. A Dubai, questa evoluzione si percepisce con forza: sempre più persone desiderano spazi essenziali, materici, in cui il gesto del sottrarre diventa atto creativo. Non si tratta di sobrietà stilistica, ma di un ritorno all’origine. Un’architettura che stimola i sensi, che accoglie e protegge. Un lusso fatto di presenza, tempo e ascolto, dove ogni dettaglio ha un significato, e ogni vuoto è uno spazio per respirare.

Sadhana Resort, Bali (Indonesia).
Qual è l’opera in corso di realizzazione che presenta più sfide progettuali?
Attualmente stiamo seguendo il progetto per l’interior design e il landscape design di una torre residenziale a Dubai, un incarico di grande prestigio che rappresenta per il nostro team una sfida stimolante e significativa. Più che un semplice progetto, lo consideriamo un ecosistema complesso, da affrontare con uno sguardo olistico e profondamente radicato nel significato dell’abitare. Ogni scelta, dalle finiture ai percorsi visivi, dalla distribuzione degli ambienti alla qualità percettiva della luce e dei materiali, è orientata a costruire un’architettura viva, sensibile, capace di entrare in dialogo intimo con chi la vive. È il primo intervento in cui stiamo sperimentando un approccio curatoriale completo: un processo che va oltre all’architettura e al disegno per abbracciare una vera e propria regia stilistica. Ci occupiamo dell’intero percorso progettuale, approfondendo non solo le funzioni, ma anche le atmosfere, le sensazioni, e tutti i dettagli che rendono uno spazio davvero abitato.
In qualche progetto avete utilizzato il materiale ceramico?
Abbiamo recentemente impiegato una ceramica molto particolare per le coperture di un progetto di hospitality a Bali. L’intento era quello di creare un’immagine di forte impatto emotivo e visivo, soprattutto nella vista dall’alto, in cui le coperture potessero dialogare con le sfumature blu della grande piscina progettata in copertura – concepita come una laguna naturale, più che come un elemento artificiale – per poi dissolversi con continuità visiva nell’orizzonte dell’oceano.
Si tratta di un uso della ceramica artigianale che trova coerenza con le tradizioni e la sensibilità manuale del luogo, ma che al tempo stesso interpreta in chiave contemporanea il rapporto tra materia, paesaggio e progetto. Un intervento che esprime in modo chiaro la nostra filosofia: progettare come gesto culturale, in equilibrio tra luogo, natura e memoria.
